Era certo da un bel po’ di tempo, ma dalle prime ore di oggi Antonio Conte si è ufficialmente unito al Napoli. Il tecnico salentino, senza squadra dal marzo 2023 dopo la risoluzione del contratto con il Tottenham, riparte dalla squadra partenopea con il compito di riportarla alla vittoria del campionato e, di conseguenza, portarla nella nuova Champions League.

Conte ha firmato un contratto triennale da 6.5 milioni annui più bonus, dunque molti meno di quelli richiesti abitualmente, e dovrà rifondare una squadra che, dopo lo scudetto, è precipitata in un marasma tecnico-tattico (giocatori irriconoscibili e ben tre tecnici ingaggiati) tale da farla precipitare e concludere questo torneo con le pive nel sacco e un misero 9° posto che le precluderà persino la Conference League.

Dal carattere non molto diverso da quello del suo nuovo capo Aurelio De Laurentiis, Conte si è specializzato in missioni impossibili: dopo un inizio di carriera discreto, è divenuto tecnico della Juventus nell’estate del 2011.

Quella Juventus era ancora alle prese con le ceneri lasciate da Calciopoli, priva delle caratteristiche tecniche che ben conosciamo, ma in quell’estate venne inaugurato il nuovo stadio e tornò un Agnelli, Andrea, a occuparsene in prima persona.

Conte, capitano della grande squadra allenata da Marcello Lippi che vinse tutto, trasformò una squadra con poco carattere in una macchina da guerra perfetta, capace di non perdere mai e di tornare a vincere il campionato a sorpresa.

Due anni e altri due scudetti dopo, però, Conte lasciò i bianconeri alla vigilia del ritiro accusando la società di essere priva di ambizioni (“non si può andare in un ristorante da 100 euro con 10 euro“) e fu chiamato a ricoprire il ruolo di CT della Nazionale italiana dopo il disastroso mondiale brasiliano e le dimissioni del predecessore Prandelli.

In due anni quella selezione, non particolarmente forte e piena di onesti figuranti, inanellò grandissime prestazioni sfiorando anche la qualificazione alla semifinale dell’Europeo di Francia persa solo ai rigori.

Poi un altro addio burrascoso e l’approdo al Chelsea con vittoria del campionato fino all’arrivo sulla panchina dell’Inter, tornata con lui a trionfare in campionato. Infine il Tottenham, portato in Europa.

Se nei campionati ha fatto benissimo, pur tra molte polemiche, Conte ha invece regolarmente fallito nelle varie campagne europee fin qui affrontate. Con l’Inter perse una finale di Europa League nel 2020 dopo aver collezionato addirittura un’eliminazione nei gironi. A Torino, ha ottenuto al massimo una semifinale della medesima competizione.

L’Europa, dunque, è il tallone d’Achille dell’allenatore leccese, ma senza coppe le sue squadre possono diventare dei veri e propri panzer per via della combinazione tra agonismo e pressing, che è il suo mantra insieme all’ossessività nella ricerca della perfezione assoluta.