Stiamo per subire la peggiore onta della storia del nostro sport: l’Italia rischia di essere sospesa dal CIO e, dunque, di dover partecipare alle prossime Olimpiadi di Tokyo senza bandiera e senza inno. Una decisione che non ha precedenti nella storia del nostro Paese, che vedrà i propri atleti gareggiare sotto l’egida della bandiera olimpica, dunque da indipendenti.
Il CIO, presieduto da Thomas Bach, dovrà pronunciarsi mercoledì 27 gennaio. Entro quella data il Governo italiano è chiamato ad emanare un decreto legge che garantisca, di fatto, la piena indipendenza del CONI. Il Comitato Olimpico Nazionale si trova infatti alle dirette dipendenze della Società Sport e Salute, un’azienda a partecipazione statale il cui unico azionista è il Ministero dell’Economia e delle finanze. Stando così le cose, il CONI si trova a violare l’articolo 27 della “Carta Olimpica”, che impone a tutti i Comitati Olimpici Nazionali la piena indipendenza da qualsiasi soggetto politico.
Italia sospesa dal CIO: alle Olimpiadi senza sport di squadra
Il danno maggiore si abbatterebbe sugli sport di squadra: se agli atleti qualificati individualmente verrà permesso di gareggiare, seppur come indipendenti, a tutte le squadre qualificate sarà impedito di difendere sul campo tutti i propri sacrifici. Niente sogno olimpico, dunque, per le due Nazionali di pallavolo, per il “settebello” della pallanuoto, per le due Nazionali di ciclismo, per le Nazionali di scherma, per le “farfalle” della ginnastica artistica ma, soprattutto, per le azzurre del softball, che hanno conquistato una terza, storica qualificazione a 5 cerchi e non potranno ora godersi le luci della ribalta, per uno sport che in Italia ha poco seguito.
Il Belpaese, dicevamo, si trova ad affrontare uno smacco senza precedenti. Solo una volta l’Italia partecipò ai Giochi sotto la bandiera indipendente: era il 1980, le Olimpiadi si tenevano a Mosca, e il rifiuto di rappresentarci sotto il vessillo nazionale fu diretta conseguenza della decisione unanime presa dai Paesi del blocco occidentale, per solidalizzare con gli Stati Uniti, che avevano boicottato la manifestazione dopo l’invasione sovietica dell’Afghanistan.
Questa volta il “pasticcio” è tutto di politica (interna), frutto di un immobilismo che dura ormai da due anni. Se il CONI non avrà la sua indipendenza entro mercoledì, i nostri atleti saranno come apolidi, soli, in terra straniera. E anche a noi sembrerà strano inneggiare alle loro gesta.
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