Clima piuttosto pesante nella società dell’Hellas Verona, e non dipende solo dai risultati maturati sul campo dalla squadra di Juric.
Il presidente gialloblu, Maurizio Setti, infatti, è indagato dalla Procura di Bologna per appropriazione indebita ed autoriciclaggio. La Guardia di Finanza ha fatto scattare un sequestro, nei suoi confronti, per ben 6,5 milioni di euro.
Tale somma, seguendo il ragionamento degli investigatori, sarebbe quella illecitamente sottratta alle casse societarie del Verona ed utilizzata per ristrutturare ed evitare il fallimento di altre società.
Pare che il presidente Setti abbia voluto anche nascondere l’origine delle somme di cui si era appropriato, attuando un’operazione c.d. di “maquillage contabile”.
Il nucleo di polizia economica finanziaria ha, infatti, effettuato delle verifiche su due società bolognesi rientranti nel controllo generale del Verona. Nei loro confronti c’erano state due sentenze di fallimento poi revocate, dopo un reclamo, ad inizio 2021. Un intrigo economico (anche frutto di cessioni infragruppo e rivalutazioni tra le società in questione) sul quale la giustizia ha voluto vederci chiaro.
Mentre le indagini proseguono, il presidente Maurizio Setti, nel pomeriggio di ieri, ha detto la sua attraverso i canali social dell’Hellas Verona: “Intendo ribadire l’assoluta regolarità e correttezza del mio operato. Respingo tutte le prospettazioni accusatorie che mi sono ascritte, consapevole di aver sempre agito con piena trasparenza e nell’interesse dell’Hellas Verona e nel rispetto dei tifosi che la sostengono. Non ho sottratto illecitamente all’Hellas Verona alcuna somma. I bilanci di una società di calcio sono attentamente formati e controllati. Non ho mai avuto alcun rilievo sui bilanci dell’Hellas, né dal Collegio Sindacale, né dai Revisori e, men che meno, dagli organi di controllo di settore. Confido che, nel più breve tempo possibile, la magistratura possa fare chiarezza sulle vicende in questione, anche perché il mio operato è già stato giudicato positivamente dalla Corte d’Appello di Bologna. È oltremodo dannoso il clamore mediatico generato in relazione a questa vicenda”.
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