La schiacciatrice di Massa, soprannominata la “regina del volley”, dice definitivamente basta dopo aver oltrepassato la soglia dei 42 anni.
Stavolta lo ha detto per davvero e non sembra intenzionata a tornare più indietro: Francesca Piccinini da Massa Carrara, una vita votata interamente al volley, dice stop e si ritira dopo aver oltrepassato la soglia dei 42 anni. Ci aveva già provato Francesca, due anni fa, dopo aver vinto la settima Champions League, a staccarsi dall’amore che l’ha accompagnata per una vita intera.
Ma il richiamo del campo era stato troppo forte e così lei era tornata a mettersi in gioco, con lo stesso entusiasmo di quella ragazzina quattordicenne che, nel lontano 1993, esordiva in Serie A1 stupendo tutti per la sua precocità. Oggi, da donna matura che ha vinto tanto e si è meritata le stimmate della campionessa, la “regina del volley” depone la sua corona, dimostrando la stessa intelligenza comune a tanti miti dello sport, che si fanno da parte quando sentono che è giunta l’ora.
Francesca Piccinini e il volley: amore lungo e reciproco
Francesca Piccinini è stata la prima grande icona “pop” della pallavolo italiana: lei e Maurizia Cacciatori hanno stravolto l’immagine di uno sport che fino al loro avvento veniva ancora considerato di “nicchia”. Non solo atlete formidabili, ma anche splendide donne che hanno sempre mostrato con orgoglio tutta la propria femminilità, prestando con la stessa disinvoltura il proprio volto alle prime pagine dei quotidiani sportivi e alla copertina di Playboy.
Francesca Piccinini è stata un idolo generazionale. Tante pallavoliste di “oggi” possono riconoscersi nella sua storia: l’amore per questo sport scoccato nei pomeriggi trascorsi a guardare Mila e Shiro in tv. E poi l’inseguimento di un sogno che è costato tante ore di lavoro in palestra e il sacrificio di anni che non torneranno.
Anche per questo la pallavolo le deve un grande “grazie”: Francesca Piccinini vi si è dedicata anima e corpo, ma è comunque riuscita a ritagliarsi uno spazio al di fuori dei palazzetti, grazie al quale è diventata una cassa di risonanza per l’intero movimento.
Chi scrive, l’ha ammirata proprio per la capacità di far coesistere l’immagine di atleta vincente e quella di “sex symbol” senza dare adito a pregiudizi. Provate voi a contestare i meriti di un’atleta capace di vincere 24 trofei a livello di club: 7 Champions League, 5 Scudetti, 4 Coppe Italia, 5 Supercoppe italiane, una Coppa Cev e una Supercoppa europea.
A una donna che, prima tra le italiane, ha conquistato il Brasile a soli 19 anni. A chi ha saputo regalare un sogno a tutti gli italiani quando ha issato in alto, nel cielo azzurro sopra Berlino, il vessillo tricolore al termine di una storica finale mondiale vinta al tie-break contro gli Stati Uniti. Questo quattro anni prima che l’impresa dei ragazzi di Lippi in terra teutonica giungesse ad offuscarne il ricordo nella memoria (ahinoi corta) degli sportivi italiani.
Esce di scena Francesca, confessando un po’ di timore per ciò che l’aspetta fuori, per quello che ci sarà al di là della pallavolo. Di sicuro, tutto il mondo del volley teme di non ritrovare più una come lei.
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