Le capacità di guida del campione spagnolo non si discutono. Da rivedere l’approccio mentale con i problemi che non fanno di Alonso un uomo-squadra. Quest’anno spera che la Mclaren non sia il bidone del 2015.
FERNANDO ALONSO IN PILLOLE:
Numero di gara | 14 |
Data di nascita | 29/07/1981 |
Nazionalità | Spagnolo |
Luogo di nascita | Oviedo |
Debutto in F1 | Gp Australia 2001 |
Presenze | 252 |
Vittorie | 32 |
Pole position | 22 |
Giri più veloci | 21 |
Titoli mondiali | 2 (2005 – 2006) |
UN TALENTO DAI DUE VOLTI PER UNA MCLAREN ANCORA SPUNTATA:
Talento cristallino, classe autentica, velocità innata e spiccato senso tattico. Questo è Fernando Alonso da Oviedo, due volte campione del mondo, probabilmente ancora il miglior pilota in circolazione per capacità di guida. Altro discorso, invece, va fatto se oltre all’aspetto agonistico e prestazionale si accosta quello della gestione dei rapporti con la scuderia in funzione della sua crescita.
Su questo versante, infatti, Alonso mostra i suoi atavici difetti, gli unici del suo essere campione, che molto probabilmente non gli hanno permesso di vincere più campionati mondiali di quelli ottenuti. Fino a quando le cose vanno bene nessun problema ma nel momento in cui la vettura che guida non è proprio brillante, lo spagnolo rischia di perdere la bussola, si lamenta spesso pubblicamente del materiale tecnico che gli fornisce il team e crea tensioni non aiutando il team a progredire nello sviluppo della macchina. Colpa del suo carattere tagliente che sconfina in un eccesso da prima donna. Difetti, questi che sono esplosi tutti nella lunga era Ferrari. L’esatto opposto di Vettel, fortissimo in pista come Alonso (o quasi) ma capace di fare gruppo e di non mettere pressioni negative agli uomini che lavorano con lui.
Differenze importanti che determinano anche i successi in pista di un pilota rispetto all’altro. Tutto ciò ribadendo che, sul piano del pilotaggio puro, Alonso ha ancora qualcosa in più rispetto agli altri, una dote naturale supplementare che l’ultimo disastroso anno con la Mclaren si spera non abbia scalfito. Per il 2016, Fernando può solo migliorare. Peggio, infatti, di come siano andate le cose nella passata stagione sembra davvero difficile alle prese con una monoposto, frutto del nuovo matrimonio Mclaren-Honda, problematica, instabile e totalmente inaffidabile. Nei test di Barcellona con la nuova vettura sembra si siano fatti timidi passi avanti, ma ancora troppo deboli per pensare di rientrare da subito nel giro dei big.
E l’età di Alonso, 35 anni ad agosto, non è ormai quella di un fresco ragazzo che ha tutta la vita sportiva davanti a sè. Per cui non può permettersi il lusso di attendere ancora per molto perché gli anni passano e nessuno li restituisce. Ma lui potrà fare la sua parte se contribuirà a creare un clima più disteso. Le prime dichiarazioni in chiave 2016 improntate all’ottimismo sembrano indirizzarsi su questa strada. Ma quanto durera?
LA SUA CARRIERA NON GLI RENDE PIENAMENTE GIUSTIZIA:
E pensare che, dieci anni fa, la carriera di Alonso sembrava regalargli un futuro radioso. “Pescato” dalla Minardi nel 2001 che lo fece esordire in F1, il suo eccezionale talento non sfuggì a Flavio Briatore il quale lo ingaggiò prima come collaudatore nel 2002 e poi come pilota ufficiale della Renault nel 2003. Già alla terza gara in Malesia conquistò la pole diventando il pilota più precoce nella storia a partire al palo e in Ungheria battè un altro record diventando il driver più giovane ad aggiudicarsi un Gp. Nel 2004 non vinse ma fu sempre protagonista e nel biennio 2005-2006 ecco la consacrazione con la conquista dei due titoli iridati, sempre con la scuderia diretta da Briatore.
A quel punto per Alonso sembrava spianata la strada del successo assoluto ma le cose andarono storte. Nel 2007 si trasferì alla Mclaren per rivincere il titolo intuendo le potenzialità e la crescita del team di Ron Dennis ma incontrò sulla sua strada Lewis Hamilton, la spy-story e la Ferrari a mettergli i bastoni tra le ruote. I rapporti con Dennis e la squadra s’incrinarono e con la Mclaren fu il divorzio risolvendo il contratto. Ritornò alla Renault correndoci fino al 2009 e poi l’approdo in Ferrari, con grandi aspettative. Cinque anni di un’emozionante alternanza tra gioie trionfali e sconfitte brucianti.
Il titolo non arrivò anche se Alonso ci andò molto vicino nel 2010 e nel 2012, perdendolo un po’ per errori strategici del team e un po’ per sfortuna. Nelle ultime stagioni, tra Alonso e la Ferrari i rapporti divennero sempre più tesi a causa dell’altalenante competitività delle vetture di Maranello che non gli permisero di lottare per il mondiale. Ricomposte le relazioni con Dennis, tornò in Mclaren nel 2015 scommettendo nel progetto Mclaren-Honda.
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