Stadiosport.it ha intervistato in esclusiva Nicoletta Perini, nipote di Dino e Aldo Ballarin, i due fratelli protagonisti del Grande Torino
Dino Ballarin giocava da portiere, mentre Aldo era un grandissimo terzino destro e fu uno degli artefici dei successi di quella meravigliosa squadra, la quale purtroppo per un destino avverso ci ha lasciato troppo presto.
Sua nonna e tutti gli altri parenti come le descrivevano suo nonno Dino e suo zio Aldo?
P: “Ovviamente non ho potuti conoscerli e anche mia madre aveva solo sei mesi, quando perse suo padre e di lui non ha praticamente ricordi. Tutti i racconti, sono stati fatti dalla moglie di Dino, mia nonna Dina e lei ci ha sempre raccontato che tutti i calciatori del “Grande Torino” erano molto uniti tra di loro. Addirittura si incontravano con le loro famiglie anche fuori dal campo e i bambini giocavano insieme. Era veramente un gruppo molto unito e affiatato”.
Dino Ballarin viene rappresentato come un uomo umile, mite e scrupoloso nel suo lavoro. Sembra che fosse il primo ad arrivare agli allenamenti e l’ultimo ad andar via, me lo può confermare?
P: “Dino, essendo il più giovane è arrivato in squadra dopo di Aldo e oltre ad essere uniti tra di loro come fratelli erano molto uniti anche con i compagni. Come carattere, mio nonno era un pò schivo, tranquillo e timido. Posso ricordare tra gli aneddoti uno raccontatomi da mia nonna, la quale mi diceva che lui era tra i pochi che teneva la carrozzina quando passeggiavano insieme. In quegli anni era difficile vedere un uomo portare una carrozzina. Loro ovviamente vivevano a Torino insieme e mia madre nacque nell’Ottobre del 1948 e poi nel Maggio del 1949 accadde la tragedia. Mio nonno ci teneva a fare bene in campo, era il primo ad arrivare agli allenamenti e l’ultimo ad andare via. Cercava sempre di comportarsi bene e di dare il massimo in ogni cosa che faceva”.
Aldo Ballarin viene descritto come un uomo molto coraggioso in campo, ma molto mite e riservato nella vita quotidiana. E’ vero?
P: “Aldo era un pò più aperto di Dino, ma non tantissimo, però in campo si faceva notare, soprattutto grazie al suo carattere. Nella quotidianità mio zio con amici e parenti era molto tranquillo, ma in campo si trasformava. Anche grazie ai racconti fatti dai suoi avversari, si viene a sapere che sul terreno di gioco, era completamente un’altra persona”.
Fu lo zio Aldo a convincere Novo a portare Dino a Lisbona, in occasione dell’amichevole contro il Benfica?
P: “Si, è vero. Dino era entrato in squadra da poco, in quel periodo, però aveva già mostrato le sue qualità ed era ormai prossimo all’approdo in prima squadra, visto che era ancora una riserva. Dai racconti, possiamo dedurre che quello fosse un viaggio premio alle qualità mostrate in campo e fuori dal terreno di gioco. Certamente è stato spinto da Aldo in quel viaggio”.
Sembra che l’altro fratello Iginio, dovesse partire con Dino e Aldo, ma non aveva il passaporto. E’ vero questo aneddoto?
P: “Si si, è verissimo, l’ho sentito direttamente dalla sua bocca. Lui seguiva sempre Aldo in tutte le partite e quella volta si era organizzato per partire anche lui, ma non avendo il passaporto, fu costretto a scendere dall’aereo. Per certi versi fu un sollievo, perché così riuscì a salvarsi la vita. Mia nonna mi raccontò che il giorno dell’incidente, lei stava preparando il brodo e una cena calda, immaginando che Dino potesse essere infreddolito, considerando anche il tempo atmosferico di quel giorno, ma siccome l’aereo non arrivava, tra mogli, si misero a parlare e capirono subito che c’era qualcosa che non andava. Gli appassionati e i tifosi di Chioggia, come tanti in Italia, durante quel periodo seppero la notizia tramite la radio, la quale all’epoca era il mezzo di riferimento della comunicazione, anche per le partite e le notizie quotidiane. Appena ci fu l’annuncio della notizia, tutta la città entrò immediatamente in lutto”.
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https://www.stadiosport.it/anniversario-tragedia-superga-la-leggenda-del-grande-torino-100340
Quando andava a scuola, gli altri bambini e bambine le facevano molte domande, in quanto lei nipote di due calciatori ?
P: “Devo dire la verità, da bambina, fino a circa 12/13 anni non sapevo di essere la nipote di un grande calciatore, perché in casa non se ne parlava mai. Mia mamma non ne parlava perché per lei ricordare era un grande dolore, seppur piccolissima aveva vissuto il lutto. Quindi solo più tardi venni a sapere di essere la nipote di due calciatori”.
In famiglia mi conferma che siete tutti grandissimi tifosi del Torino?
P: “Si si, certamente. Seguiamo anche il Torino attuale, anche se non è al livello di quello del passato. Il nostro cuore è “Granata”.
E’ vero che suo figlio Luca, tra tutti è il più appassionato?
P: “Si, anche perché lui gioca a calcio dall’età di 4 anni. E’ appassionato di questo sport e conosce tutta la storia del suo bisnonno e gli è molto legato. Inoltre, nella nostra città (Chioggia), lo stadio è rinominato “Stadio Aldo-Dino Ballarin” e quindi quando Luca gioca in questo impianto, è sempre molto emozionato. Addirittura, la maglia della squadra, nella quale gioca mio figlio, ha il colore granata, ovviamente in ricordo di Aldo e Dino”
Superga, per lei che cosa rappresenta metaforicamente come luogo?
P:” In genere, cerchiamo almeno una volta all’anno di essere presenti, o in occasione dell’anniversario del 4 Maggio, oppure se non riusciamo, in qualche altro periodo dell’anno. Quando arriviamo a Torino, subito dopo andiamo a fare una visita a Superga. Ogni volta che vado l’emozione rimane immutabile, sembra sempre che sia la prima volta e quello che mi stupisce è che in qualsiasi periodo dell’anno si vada, c’è sempre gente ferma davanti alla lapide o al punto dello schianto. Lì si ricorda sempre il “Grande Torino, questo va oltre la data del 4 Maggio”.
Grazie ai vari ricordi e cimeli di famiglia è stato possibile realizzare un sito (museoballarinchioggia.it), quale significato ha per tutta la famiglia?
P: “E’ una raccolta che non riguarda solo i fratelli Ballarin, ma anche la storia del calcio di Chioggia, ovviamente loro sono partiti da lì. Nel corso del tempo tale raccolta è stata ampliata, contiene cimeli e curiosità di quel periodo, ci sono varie sezioni, si possono leggere i nomi degli stadi dedicati ai calciatori del “Grande Torino”, ma anche quelli delle strade. E’ nato come un museo virtuale, sempre in evoluzione, perché aggiungiamo continuamente oggetti, infatti noi per anni abbiamo realizzato delle mostre itineranti che duravano un determinato periodo temporale, anche se il nostro sogno è sempre stato quello di realizzare un museo perenne e siamo vicini alla sua realizzazione tra qualche mese, in una nuova location, attualmente in ristrutturazione. Ormai è da 20 anni che con mio marito, cerchiamo di portare avanti il ricordo del “Grande Torino”. Noi siamo andati a Superga anche in occasione del 50° anno e siamo stati anche a visitare una mostra organizzata in quel periodo. Abbiamo visto dei filmati e altro materiale inedito per noi. Da lì è scattata una molla nel portare avanti quel ricordo e mia nonna ci ha fornito tutto il materiale del nonno, che lei aveva raccolto nel corso degli anni”.
Nel corso degli anni lei ha organizzato mostre, eventi e ha partecipato alla stesura di molti libri, cosa le hanno lasciato dentro queste esperienze?
P: “La cosa che mi ha colpito di più in questi anni è vedere il legame forte che hanno ancora le persone nei confronti di quei calciatori. C’è un grandissimo attaccamento nei confronti della storia riguardante il “Grande Torino”, che va oltre il semplice tifo, ma non solo in Italia, anche all’estero. Ormai, grazie ai social ricevo messaggi da tutte le località del mondo, da parte di persone che conoscono questa storia e sono appassionate. Ricordo che, durante le mostre, le persone che avevano visto quei calciatori dal vivo, venivano commosse a raccontarci esperienze e ricordi, riguardanti anche dove si trovavano personalmente nel giorno di quella tragedia. Molti addirittura, venivano tutti i giorni a vedersi e rivedersi la mostra. Questo è un motivo di orgoglio, che ci spinge nel voler portare avanti questo ricordo. Il “Grande Torino” è stato sicuramente importante per la rinascita della nazione, dopo la seconda Guerra Mondiale, esattamente come i ciclisti, avevano dato una speranza a tutti gli italiani e la perdita per tutti è stata enorme, con chiunque parlo, quella squadra viene sempre collocata a parte rispetto agli altri club”.
A breve verrà inaugurato un nuovo museo, cosa ci può raccontare di questo progetto?
P: “L’8 Ottobre, all’interno del museo Civico di Chioggia, realizzeremo un sala da esposizione dedicata ad Aldo e Dino Ballarin, contenente tutti i cimeli riguardanti non solo loro due, ma anche il “Grande Torino” in generale. Ci sarà materiale fotografico, vestiti, anche i documenti e i passaporti dei passeggeri dell’aereo”.
A breve sul gruppo “Pes Graffiti” verrà giocata una partita in ricordo del “Grande Torino”, la quale verrà donata al museo. Il proprietario del gruppo è il famoso comico e imitatore Roberto Valentino il quale rappresenta da tempo un punto di riferimento del calcio vintage attraverso il virtuale. Cosa ci può dire di lui?
P: “Lui è un grande artista, grande comico e grande imitatore. Ci donerà questa partita, che riguarda la finale di Coppa Italia, edizione 1947/48. Da quel che mi ha detto, sta già preparando la sfida e sta imitando le voci dei protagonisti, i quali saranno presenti come avatar. Nei prossimi giorni inoltre, rilascerò un’intervista in esclusiva sul suo gruppo, nel corso di una puntata della Domenica Sportiva Virtuale. Con lui abbiamo un rapporto ottimo, abbiamo notato non solo la sua bravura di comico e imitatore guardando i suoi video, ma abbiamo imparato ad apprezzarlo anche come persona”.
Luca Meringolo © Stadio Sport
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