Luciano Bodini, ex portiere di Juventus, Atalanta, Cremonese, Verona e Inter, ci racconta della sua carriera, dall’esordio in Serie A ai trionfi con la maglia bianconera e non solo. Tante curiosità e aneddoti in esclusiva ai microfoni di StadioSport.it.
Luciano Bodini nella sua carriera da calciatore ha vinto tutto quello che c’era da vincere. Il suo palmares fa veramente impressione a leggerlo:
4 Scudetti, 1 Coppa dei Campioni, 1 Coppa Italia, 1 Coppa delle Coppe, 1 Supercoppa Europea, 1 Coppa Intercontinentale e 1 Coppa Uefa. Oltre a parlarci della sua carriera, ci parla anche del suo calcio, rispetto a quello di oggi.
Come si è avvicinato al calcio Luciano Bodini?
B: “Fin da bambino, intorno ai sei anni. Mio padre giocava a calcio e mi portò alla scuola calcio del mio paese e cominciai a fare il portiere. Mi piaceva farlo e avevo nel sangue questo ruolo. Ho proseguito finché non arrivai all’Atalanta. A dire la verità, la squadra per la quale giocavo era gemellata con il Brescia, ma mio padre preferì farmi provare per l’Atalanta. Presero sia me che mio fratello. Ricordo che la prima partita disputata da me nel settore giovanile dell’Atalanta fu proprio contro il Brescia. Finì 0-0 e parai anche un calcio di rigore. Successivamente feci tutta la trafila del settore giovanile e a 16 anni mi allenavo già con la prima squadra”.
Chi era il suo idolo da bambino?
B: “I miei idoli da bambino erano Zoff e Albertosi e poi tra l’altro sono finito a giocare con Dino Zoff e conobbi anche lo stesso Albertosi. Era destino”.
Tra l’altro, anche al debutto in Serie A, in un Atalanta-Perugia, lei parò un rigore a Renato Curi. Cosa ricorda di quella partita?
B: “Ricordo che non mi emozionai, ero tranquillo e andai in campo con la voglia di dimostrare e neutralizzai questo calcio di rigore. Sapevo che con le doti che avevano potevo fare bene. Fu una bella partita, il Perugia era una bella squadra e il match terminò sull’1-1. Ero abituato alla pressione della Serie A, infatti mi allenavo già con la prima squadra. Mi mancava solo il poter giocare. Successivamente parai anche un rigore a Mascetti contro il Verona”.
Pizzaballa per lei, fu un punto di riferimento data la sua giovane età?
B: “Sì si, così come furono dei riferimenti anche Pianta, Bianchi, Sacco, Leoncini. Tutta gente di esperienza che aveva fatto tanto nel calcio, anche in realtà come la Juventus e il Napoli. Imparai tanto da loro durante la settimana, tra allenamenti e ritiri”.
Cosa ha provato nel sapere dell’interesse della Juventus?
B: “Mi sono chiesto se avrei giocato, data la presenza di Zoff. Teoricamente è meglio fare il titolare che la riserva. Sapevo di andare in una grande società. Ai tempi c’erano 10/13 calciatori della Juventus che giocavano in Nazionale. Zoff aveva quasi 38 ma giocò fino a 41 anni. Ricordiamo che vinse il Mondiale a 40 anni. Però nonostante tutto fu una bella esperienza giocare con lui”.
Lei come descriverebbe dal punto di vista umano e tecnico Zoff e Platini?
B: “Due ruoli e due caratteri diversi. Zoff parlava poco, ma quello che diceva era molto importante. Era molto serio e pensava al suo lavoro e alla sua carriera. Voleva continuare a giocare finché poteva. Era come un papà e ci insegnava tante cose. Platini era troppo forte. Giocava come all’oratorio, si divertiva. Faceva quello che voleva con la palla, tra assist e molti gol. Non aveva paura di sbagliare. Grande giocatore. Entrambi ridevano alle battute, ma Platini era più estroso. Ricordo che giocavamo a carte e ci divertivamo molto”.
Quando lei si trasferì alla Juventus, quale macchina acquistò?
B: “Già ai tempi dell’Atalanta acquistai una Giulietta. Ricordo che alla Fiat ci davano le macchine a metà prezzo, ma non ricordo quella che acquistai, se fosse una Lancia o una Fiat. Le posso dire però che la migliore macchina che comprai fu una Lancia Thema”.
All’epoca come funzionava il pagamento degli stipendi e chi percepiva di più?
B: “Quelli che giocavano titolari e in Nazionale ovviamente prendevano di più. Gli stranieri prendevano anche un po’ di più. Nel mio caso ricordo che il premio partita era anche di più dello stipendio che percepivo”.
Cosa ha significato per lei, avere un allenatore vincente come Trapattoni?
B: “Era bravo come allenatore, perché sapeva mettere bene la squadra in campo. Però era anche uno psicologo e riusciva a darci molta carica per vincere le partite. La sera prima delle partita passava in ogni camera per parlarci e ci spiegava come dovevamo giocare. La mattina successiva, dopo la colazione, prima di andare allo stadio, si concentrava sulla partita e ci scriveva sui fogli tutto quello che dovevamo fare. Impostava le marcature e la tattica”.
L’Avvocato Agnelli e Giampiero Boniperti. Come si rapportava con queste due grandi entità?
B: “Erano veramente grandi. Avevano una grande personalità e sapevano trasmettere la voglia di vincere. Bisognava vincere per forza, a tutti i costi. Dovevi andare come una Ferrari e non come una 500. La Juventus doveva vincere, non c’era niente da dire”.
Anche a lei l’Avvocato Agnelli telefonava alle 6 di Mattina?
B: “Nono, a me mai. Lui telefonava a qualcun altro…”
Cosa hanno significato per lei le due Finali di Coppa Italia contro il Verona, tra l’altro vinta dalla Juventus?
B: “Ricordo che in precedenza perdemmo ad Atene la Finale di Coppa dei Campioni contro l’Amburgo. Trapattoni e Zoff mi dissero che sarebbe toccato a me giocare in Coppa Italia e nel Mundialito e che bisognava vincere entrambe le competizioni. Scherzando Zoff mi disse: “Per questa volta ti faccio giocare, dato che non l’ho mai fatto”. Infatti lui smise dopo la partita con l’Amburgo. Vincemmo sia la Coppa Italia che il Mundialito”.
Come ha vissuto la rivalità con Tacconi?
B: “Lui era un bravo portiere, ma credevo di giocare io da titolare. Ero reduce dai successi citati in precedenza e avevo sbagliato poco o nulla. Avevo effettivamente la speranza di giocare, ma Trapattoni mi comunicò che avrebbe giocato Tacconi. Parlando con Boniperti gli dissi che ovviamente ero inferiore a Zoff, ma non mi sentivo inferiore a Tacconi. Mi diede qualche soldo in più e mi disse che io sarei rimasto alla Juventus, finché sarebbe rimasto lui e io accettai e successivamente trovai il mio spazio”.
Tra l’altro lei giocò la Finale di Supercoppa Europa contro il Liverpool. Cosa ricorda di questa partita?
B: “Ricordo che faceva molto freddo e c’era il campo ghiacciato. Si scivolava tanto. Fu una partita bella per noi, giocammo bene e riuscimmo a vincere per 2-0”.
Dopo una grande stagione, a livello personale, c’era la possibilità di giocare la Finale di Coppa dei Campioni contro il Liverpool, ma non fu così. Perché cambiarono le carte in tavola?
B: “Non l’ho capì nemmeno io. Tacconi disputò le partite precedenti alla Finale, perché Trapattoni voleva tenerci in forma entrambi, ma non andò molto bene. In quel momento non eravamo nemmeno qualificati per la Coppa Uefa. Ovviamente può capitare se non giochi per tanto tempo. Alcuni vanno in forma subito, altri ci mettono più tempo. Nonostante tutto, non so perché, ma sapevo che avrebbe giocato lui, ma va bene lo stesso. Sono rimasto contento lo stesso”.
Cosa ricorda di quella serata tragica a livello umano?
B: “Da quel lato lì è stato meglio non aver giocato. Sembrava di essere in guerra con tutti quei morti. Non era una partita di calcio. Sicuramente sarei andato in campo molle. Altri se ne fregano e giocano bene lo stesso. Noi sapevamo tutto quello che era successo precedentemente, ma dovevamo giocare lo stesso. I tifosi del Liverpool avevano invaso il settore dei tifosi della Juventus. sfondando la rete divisoria. Alcuni si lanciarono nel vuoto per evitare di essere schiacciati, ma il muro crollò per il troppo peso e molti rimasero schiacciati e uccisi. Sono stato male per un mese e già durante la Finale soffrì in panchina con il mal di stomaco. Non avrei mai immaginato nulla del genere. Non si possono vedere queste cose in una partita di calcio, alla quale vai per divertirti e per vedere bel gioco”.
Verona e Inter, cosa può raccontare di queste due esperienze?
B: “Al Verona non fu tanto bella l’esperienza. Ricordo che rivoluzionarono tutta la squadra. Con me vennero a giocare anche Favero e Magrin. Ricordo che vennero anche acquistati calciatori come Pusceddu e Calisti. Non c’era il gruppo e mancava la voglia di vincere, come invece c’era alla Juventus. Giocai qualche partita ma poi convinsi il Mister, data la situazione, di lasciar giocare il giovane Angelo Peruzzi, ma non riuscimmo a salvarci. Successivamente mi volle Trapattoni come terzo portiere all’Inter e accettai volentieri di andare, anche perché ero tifoso interista e lì riuscì a conquistare anche la Coppa Uefa”
Dopo Platini giocò anche con Matthäus. Cosa l’ha colpì di quest’altro fuoriclasse?
B: “Platini giocava in maniera più spettacolare e quando aveva il pallone sapeva già a chi passarlo. Matthäus era un giocatore forte, ma più lento di Platini nel dare la palla. Avevano entrambi un bel tiro, ma darei un punto in più a Platini”.
Un suo ricordo di due compagni di squadra che purtroppo ci hanno lasciato troppo presto: Scirea e Rossi
B: “Con Gaetano eravamo come fratelli. Ci conoscevamo fin dai tempi dell’Atalanta. Non l’ho mai visto litigare con nessuno. Era amico di tutti, aveva un carattere eccezionale. Calciatori come lui non ci sono più. Stava attento a tutto ed era in grado di giocare in tutti i ruoli con la classe e l’intelligenza che aveva. Infatti i tre gol che l’Italia segna contro la Germania nascono da suoi passaggi. Paolo Rossi era simpaticissimo e nonostante gli infortuni che aveva era un grandissimo calciatore. Aveva uno scatto che gli permetteva di arrivare in area di rigore sempre prima degli altri”.
Oggi purtroppo ci ha lasciato anche Vialli. Cosa ricorda di lui?
“Ricordo che quando lui arrivò nel settore giovanile della Cremonese, io già giocavo in prima squadra. Già all’epoca dimostrava di essere forte. Ha lottato tanto per vivere e rimanere tra di noi, ma purtroppo non ci è riuscito. Su questa terra siamo di passaggio”.
Com’è cambiato il ruolo del portiere rispetto ai suoi tempi ?
B: “Il portiere adesso deve fare anche il Libero, quando gli passano indietro la palla. Deve essere bravo con i piedi perché non può prendere la palla con le mani sul retropassaggio. Neur della Germania ne è l’esempio. Oggi i portieri si piegano tanto. Ad esempio il portiere dell’Argentina, in Finale del Mondiale, ha salvato il risultato con il piede, allargandosi in spaccata. Una volta ci tuffavamo, ma la palla ci passava o di sopra o di sotto, perché andavamo in ritardo. Con i piedi si riesce ad arrivare prima. Se ti tuffi un attimo prima la palla ti scavalca di sopra, se ti tuffi dopo la palla ti passa sotto al corpo”.
Lei si rivede in qualcuno di questi portieri moderni?
B: “No, io credo che ognuno abbia il suo stile. Rispetto ad oggi in passato capitavano più papere, ma ogni portiere ha i suoi momenti belli e brutti. Io ad esempio ero molto svelto. Andavo su tutte le palle e uscivo dalla porta ed ero bravo sui palloni alti. C’era anche chi era più bravo a giocare tra i pali”.
Lei grazie a Roberto Valentino ha potuto riascoltare la voce dell’Avvocato Agnelli e di altri celebri personaggi. Cosa ne pensa di lui come artista e del suo progetto, del voler riproporre il calcio del passato attraverso il virtuale?
B: “Roberto Valentino lo conosco già da un po’, ma ha un grande capacità nel far ridere le persone, me compreso. Inoltre è in grado di imitare la voce di Bruno Pizzul e attraverso le sue telecronache è in grado di rendere molto più belle le partite virtuali”.
Quale consiglio darebbe ai giovani che vogliono approcciarsi al calcio?
B: “Il mio consiglio è quello di non montarsi mai la testa, andando avanti con la voglia di vincere. Bisogna fare la vita da calciatore, comportandosi da professionisti, facendo una vita regolare. Devi correre, non è vero che le sigarette le smaltisci. Io fumavo solo dopo la partita, ma più che altro per rilassarmi. Se fumi da giovane apparentemente non ne risenti, ma più avanza l’età, più è peggio. Chi milita nelle primavere deve sognare di ripetere le gesta dei calciatori della prima squadra. La maglia deve essere una seconda pelle e bisogna giocare per la squadra, dando tutto. Tu devi fare di tutto per la società ed essa farà di tutto per te. Il calciatore è un lavoro come tutti gli altri ed è fisico. Ti devi allenare bene. Le persone non sanno il lavoro che facciamo. Si crede che ad un calciatore cambi poco se si vince o si perde, ma non è vero. Se perdi una gara importante non riesci nemmeno a dormire la notte. Si fanno dei sacrifici, anche se io non li chiamavo tali, perché mi divertivo a farli. I tifosi ovviamente lavoravano più di noi, perché loro lavoravano e poi venivano a vedere le nostre partite. Il calcio oggi è cambiato tanto, ci sono tanti soldi e spesso le società vanno in rovina. E’ stata eliminata la C2 per mancanza di soldi. La C1 di una volta, era invece come la Serie B attuale, infatti le società di Serie A andavano lì a pescare i talenti. Bisognerebbe diminuire le spese. Per esempio perché la Juventus ha preso Ronaldo a quella cifra? Poteva prenderne 3/4 forti allo stesso prezzo e magari vinceva la Champions League”.
Luca Meringolo © Stadio Sport
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