È iniziato il campionato dei campioni d’Europa? Se il livello della Nazionale non rispecchia quello del campionato

La Serie A italiana si è aperta oggi con i primi anticipi del sabato. È un campionato che accoglie ventidue reduci dalla vittoriosa campagna azzurra all’Europeo: ma possiamo davvero considerarlo il campionato dei campioni d’Europa? Il livello espresso dai ragazzi di Mancini si riflette nella competitività della nostra lega?

È partito il campionato dei campioni d’Europa? Da un titolo apparso su alcune riviste italiane, nonché da un’attenta analisi del collega Giandomenico Tiseo, firma del “Giornale” e di OA Sport, nasce un interessante spunto di riflessione. Siamo a poco più di un mese da una delle imprese più emozionanti dello sport azzurro nel suo recente passato: la vittoria degli Europei ci ha fatti sussultare tutti, forse perché nessuno di noi se l’aspettava.

La giovane Nazionale di Mancini ha sovvertito tutti i pronostici, rimettendo in bacheca un titolo che mancava da oltre cinquant’anni. Ma allora come dobbiamo rispondere alla domanda iniziale? Siamo davvero il campionato dei campioni d’Europa? Se analizziamo la rosa che ha preso parte all’Europeo, la risposta è “sì”.

Mancini

Ventidue giocatori dei ventisei presenti nella lista dei convocati giocavano nel campionato italiano e, cosa più importante, la quasi totalità, anche i più giovani, erano titolari delle rispettive squadre. Di più: se analizziamo l’undici titolare che ha battuto l’Inghilterra in finale, ben otto giocatori avevano disputato l’ultima stagione in Italia.

Eppure, dopo la sbornia estiva, ci ritroviamo alle soglie di settembre con uno dei campionati più “poveri” di sempre, dove il flusso di denaro è stato quasi rasente allo zero, la squadra campione uscente è andata incontro a un processo di smantellamento, e uno dei principali attori protagonisti della vittoria azzurra, Gianluigi Donnarumma, ha fatto le valigie ed è emigrato al PSG, in Francia. L’operazione di mercato più importante sul fronte interno l’ha conclusa la Juventus, trattenendo in Italia uno dei centrocampisti più promettenti del panorama mondiale: Manuel Locatelli.

Proprio da questi due aspetti occorre partire per sottolineare che, seppure il nostro campionato sconta un ritardo nei confronti di altre leghe e club più forti economicamente, dall’altro non sia affatto privo di qualità. Si è detto e scritto che i nostri giocatori più talentuosi debbano ormai giocare all’estero per crescere tecnicamente: ma è proprio così?

Jorginho e Donnarumma, due degli “stranieri” presenti in squadra, si sono formati calcisticamente in Italia, e se sono diventati calciatori di livello mondiale lo devono anche all’esperienza accumulata nella nostra Serie A. “Gigio”, lanciato sulla ribalta ad appena 16 anni, contro la retorica che vuole il nostro campionato un ospizio per campioni a fine carriera, e Jorginho, che nel Napoli di Sarri ha vissuto il suo apprendistato diventando uno dei registi più apprezzati del panorama mondiale.

Caso a parte per Verratti, emigrato Oltralpe quando aveva solo vent’anni: ma chi ci assicura non sarebbe diventato il Verratti che conosciamo anche in una “big” italiana? Prendiamo il caso della Juventus, che l’aveva cercato ai tempi del Pescara: mentre l’abruzzese collezionava risultati deludenti con un PSG che non aveva ancora trovato il modo di far coincidere i risultati sportivi coi grandi investimenti, i bianconeri giocavano due finali di Champions, il palcoscenico più prestigioso cui un calciatore possa ambire.

Ecco, i club: ci lamentiamo della scarsa competitività delle nostre squadre a livello internazionale, ed in effetti non vinciamo un trofeo da undici anni. Ma quante semifinali o finali abbiamo disputato negli ultimi anni? Dal 2015 sono state cinque le squadre capaci di raggiungere almeno la semifinale di una delle due competizioni europee. Lasciando da parte Liga e Premier, campionati dai quali scontiamo un “gap” sinora incolmabile, la Germania, fatta eccezione per una semifinale di EL raggiunta dall’Eintracht Francoforte, si regge sul solo Bayern Monaco, semifinalista di Champions nel 2015 e 2016 e vincitore, occorre ricordarlo, nel 2020. Il Bayern Monaco, con i tanti giocatori acquistati a parametro zero dalle rivali tedesche, incarna alla perfezione una tendenza che accomuna ormai tutte le maggiori leghe europee: l’accentramento di ricchezze, e quindi di risorse, nelle mani di un solo club capace di dare vita a dinastie di vittorie interminabili.

Tornando alla Nazionale, tra le pretendenti alla vittoria finale degli Europei, essa è stata una di quelle che ha inserito il maggior numero di calciatori “autoctoni” nella lista convocati (22/26). Meglio ha fatto solo l’Inghilterra (24/27).

Nè i meriti del successo azzurro possono essere, a mio avviso, tutti attribuiti a Roberto Mancini: vero è che il CT ha raccolto i cocci di una squadra esclusa dai Mondiali in Russia, ma sotto la sua gestione è germogliata una nuova schiera di talenti che sotto Ventura era ancora troppo giovane o acerba. Sono 35 i debuttanti sotto l’egida del “Mancio” e tutti, più o meno giovani, hanno dato il proprio contributo.

Pazienza se il nostro campionato non è il più competitivo al mondo. La Serie A resta un terreno fertile di idee (vi allenano alcuni degli allenatori migliori in circolazione, che fungono d’ispirazione anche all’estero) e talento, che i nostri dirigenti sembrano finalmente voler valorizzare. L’Inter, ridimensionata dalle cessioni, si tiene stretto Barella e rinnova Bastoni; la Juventus resiste alle lusinghe del Bayern per Chiesa e trattiene in Italia Locatelli; la Roma riabbraccia finalmente Zaniolo e promuove Pellegrini capitano.

Per quanto la forza di una rappresentativa sia sicuramente specchio della salute di un movimento, non sempre, in passato, ha retto l’equazione Nazionale vincitrice=campionato più competitivo: la Francia del biennio ’98-2000 non attingeva dal bacino della Ligue 1. Nè l’Arancia Meccanica di Cruijff, che pure col suo Ajax ha rivoluzionato il calcio, è mai riuscita a vincere un alloro iridato o continentale. Solo la Spagna del “Tiki-Taka”, in tempi recenti, è riuscita a dominare la scena mondiale sia a livello di club che di Nazionale.

Se la vittoria degli Europei sia stata un evento isolato, così come se le nostre squadre continueranno a faticare in Europa, sarà il tempo a dirlo. Intanto ci apprestiamo a disputare una semifinale di Nations League che ci vedrà protagonisti in ottobre, e la Roma ha sconfitto il Trabzonspor nella prima, storica partita di un’italiana in Conference League. Non sarà il successo del secolo, ma le vittorie, ce ha dimostrato la nostra Nazionale, si costruiscono passo dopo passo e con pazienza.

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