ESCLUSIVA Andrea Zambelli, coach 4 Torri Ferrara: “Stagione difficile ed esaltante, ringrazio i ragazzi e lo staff”

Andrea Zambelli, coach della 4 Torri Ferrara Volley, è intervenuto ai microfoni di Stadiosport: “Per fare il salto di qualità bisogna investire sul settore giovanile e partire dalla propria base”.

Una stagione così complicata non l’aveva mai affrontata nella sua carriera nè, fino a un anno fa, si sarebbe mai immaginato di dover convivere con un’emergenza sanitaria che, di fatto, ha influito, economicamente e a livello organizzativo, sullo sport oltreché su tutti i settori della società. Ma Andrea Zambelli, coach della 4 Torri Ferrara Volley, ha imparato con il tempo e l’esperienza accumulata che la somma delle parti è un ingrediente imprescindibile per superare i momenti difficili e raggiungere grandi traguardi.

E così, dopo una stagione che ha visto Ferrara alimentare il sogno della promozione in A3, il coach ha deciso di incontrarci. Quando gli parli ti trovi davanti una persona affabile e aperta, che ti trasmette l’impressione di trovarsi perfettamente a suo agio e rispondere con piacere alle domande che gli vengono rivolte.

“Magari prendiamo un caffè insieme”, mi scrive quando prendiamo appuntamento per incontrarci davanti al chioschetto dell’Isola. Il bar è chiuso, purtroppo. Sarà per un’altra volta. Intanto abbiamo più tempo per chiacchierare e fare un sunto di quella che è stata l’ultima stagione, contraddistinta da gioie e dolori:

andrea-zambelli - A.s.d. 4 Torri 1947 Pallavolo Ferrara
Andrea Zambelli, coach 4 Torri Ferrara Volley. Foto presa dal sito ufficiale della società

Noi abbiamo iniziato questo campionato di B quando c’era ancora la figura di Mauro Pariali – esordisce il mister ricordando la figura dello storico direttore sportivo estense venuto a mancare lo scorso 27 settembre Avevamo un gruppo composto da ragazzi ferraresi, più un paio di universitari che si sono trasferiti qui e si sono rivelati molto importanti per la squadra, nonostante abbiano giocato poco. Siamo partiti con un grande punto interrogativo perché tutti i nostri ragazzi avevano giocato poco a questi livelli, ma ritenevamo giusto dare anche a loro il giusto spazio per emergere e gratificare in tal modo il grande lavoro fatto dalla società sul settore giovanile.

L’annata è stata ulteriormente complicata dal Covid, che ha imposto nuove difficoltà in termini di spese sanitarie e di gestione. Ogni allenamento era un’incognita perché non sapevamo quanti ragazzi ci sarebbero stati. Ma devo riconoscere i meriti ai giocatori che hanno accettato di impegnarsi sin da subito, nonostante quest’anno non prevedessimo neanche il rimborso spese, sopperendo con la loro partecipazione alle difficoltà cui siamo andati incontro. Ringrazio il mio staff, a cominciare da Ruggero Tosi (delegato FIPAV per la provincia di Ferrara ndr), per aver messo a disposizione la propria competenza ed avermi affiancato nel ruolo di secondo allenatore, figura che non avevo ad inizio stagione. Anche la nostra fisioterapista, Valentina Marchini, ha accettato di venire più volte in palestra, rispetto ai due giorni a settimana inizialmente pattuiti, per darci una mano.

Dal punto di vista tecnico, è emerso pian piano che non fossimo così male. Molti ragazzi si sono distinti e, alla fine, credo che il bilancio della stagione possa ritenersi ampiamente soddisfacente”.

Riguardo agli obiettivi che si era posto ad inizio stagione, c’era appunto quello di valorizzare i vostri giovani. Tra le notizie più liete di questi giorni c’è la convocazione di Victorio Ceban in Nazionale under 21: ritiene di aver centrato in pieno anche questo obiettivo?

Ceban è un altro di quei ragazzi che aveva giocato poco in Serie B. L’anno scorso, raggiunta la salvezza, abbiamo avuto modo di farlo esordire, ma poi il Covid ha bloccato il campionato. Lui ha mezzi fisici importanti (è alto 204 cm ndr), e un’ottima predisposizione al muro. Se riesce a rimanere in ritiro con l’under 21 tutta l’estate significa che avrà completato un intero anno di allenamento. Un’esperienza che può farlo crescere davvero tanto. Ti dico, tra le altre cose, che potrebbe aprirsi anche una piccola finestra per Bristot, anche se nel suo ruolo (opposto ndr) la concorrenza è tanta”.

Ecco, Bristot: visto che mi ci ha portato lei, vorrei chiederle se la crescita di questo ragazzo (parliamo di un 2002) l’abbia sorpresa. Al primo anno si è ritagliato subito un posto da titolare…

Bristot ha ottime potenzialità. Non è un gigante (194 cm), ma ha ottime capacità di salto, tali che se cresce ancora, tecnicamente e in difesa, può benissimo giocare a livelli medio alti. Lui è arrivato da noi un anno fa dopo aver trascorso un anno di studi negli Stati Uniti, e quindi ha avuto anche poco tempo per accumulare esperienza. Com’è normale per un ragazzo della sua età, continua ad alternare ottime prestazioni, come contro i giovani della Kioene, ad altre meno brillanti. Resta il fatto che il ragazzo lasci intravedere un ottimo potenziale. Basti pensare che tre anni fa, al Trofeo delle Regioni, si è preso il posto da titolare giocando al centro”.

Visto che parla così bene dei suoi ragazzi, ritiene che cederne qualcuno potrebbe rovinare gli equilibri che avete creato?

Io sono dell’idea che chi vuole andare via vada lasciato andare. Le cose bisogna farle con voglia come quest’anno, in cui, ti dicevo, i ragazzi non hanno ricevuto gratificazioni economiche. Dal canto nostro, per sopperire ad eventuali partenze, credo dovremmo perseguire la politica dei giovani e attingere al nostro vivaio. Mio figlio (Simone Zambelli, palleggiatore ndr) l’anno prossimo andrà via per seguire la sua compagna a Modena. Potremmo sostituirlo con Biondi, un ragazzo che ha già fatto vedere ottime cose in Serie C.

Avere un vivaio florido alle spalle si rivela utile in annate come questa, di grande difficoltà economiche. Altrimenti basta la defezione di uno sponsor per mandare tutto il progetto a rotoli. Io parto da questi presupposti: valorizzazione del settore giovanile e promozione in prima squadra dei ragazzi meritevoli. Se non ci sarà condivisione di intenti su questi punti, sono pronto a farmi da parte”.

Lei è un allenatore molto esperto: volevo chiederle com’è cambiato il suo metodo di lavoro negli anni e se quest’anno di pandemia, con tutte le difficoltà organizzative che ha comportato, abbia influito sul suo modo di gestire il lavoro.

No, dal punto di vista della pandemia, questa non ha influito sul mio modo di lavorare, almeno non direttamente. Di certo, con l’esperienza e i vari corsi di aggiornamento che tutti siamo tenuti a fare, qualcosa nel mio modo di lavorare è cambiato. Io, per esempio, non adotto più i metodi di allenamento che utilizzavo 20 anni fa. Credo di essere un allenatore al passo con i tempi, sebbene sia molto legato ancora alla trasmissione di concetti e nozioni, piuttosto che all’analisi di dati numerici e statistiche che oggi va molto “di moda”. Da quel punto di vista, forse, sono un allenatore “superato”. Ritengo che le statistiche siano importanti ma, trattandosi la pallavolo di uno sport situazionale, che ai ragazzi vada insegnato soprattutto ad adattarsi alla singola situazione di gioco.

Poi, sono sicuramente cambiato da un punto di vista caratteriale: anni addietro mi arrabbiavo di più, ora cerco di dialogare con i ragazzi ed indurli a seguire le mie indicazioni, piuttosto che imporle”.

Abbiamo parlato di due scuole diverse di allenatori: una più legata all’allenamento del gesto tecnico, l’altra maggiormente incline all’analisi dei video e dei dati estrapolati dalle partite. Nel suo staff c’è un giovane tecnico che pare bilanciare bene entrambe: Biagio Colavolpe. Ci può raccontare com’è stato confrontarsi con lui in questi anni?

Biagio è una figura molto positiva per il nostro team. Io l’ho conosciuto quando ancora frequentava l’università e venne a fare il tirocinio da noi. Già allora dimostrava una certa attitudine all’iniziativa. Come hai giustamente detto si tratta di una persona molto scrupolosa ed esigente, prima con se stesso e poi con i suoi collaboratori. Non a caso la società l’ha scelto per coordinare il nostro neonato settore femminile. Da quel punto di vista siamo un progetto ancora molto giovane, ma grazie all’organizzazione impostata da Biagio e dai suoi collaboratori abbiamo raggiunto ottimi risultati, Il lavoro scrupoloso dello staff ci ha permesso di non far saltare quasi nessun allenamento anche alle ragazze”.

Riguardando la stagione appena trascorsa, cosa crede di dover migliorare per permettere ai suoi ragazzi di uscire dalla “comfort zone” e puntare ancora più in alto?

Partendo dal presupposto che ogni allenatore adotta le proprie metodologie, ritengo che una società che voglia puntare in alto, soprattutto con ragazzi giovani e a questi livelli, debba investire sulla quantità del lavoro. Quest’anno abbiamo avuto la possibilità di sostenere solo tre allenamenti settimanali e, occasionalmente, un quarto. Se paghi giocatori già formati, una politica con la quale ti ho detto mi trovo in disaccordo, può anche bastare. Ma per far migliorare i nostri ragazzi dobbiamo aumentare il carico di lavoro”.

Lei si è trovato a gestire un gruppo molto giovane. Immagino che, visti i risultati ottenuti, ci siano stati anche momenti di euforia: com’è riuscito a canalizzare l’entusiasmo ed evitare il pericolo di un rilassamento?

Momenti di rilassamento ce ne sono e, secondo la mia filosofia, si possono anche tollerare un paio di allenamenti sottotono o una partita in cui un giocatore renda di meno. Come ti ho detto prima, molto dipende dall’esperienza del tecnico. Magari in passato mi sarei arrabbiato di più, ora cerco di parlare con i ragazzi e far notare loro quando le cose non vanno come dovrebbero. Poi dipende anche dal singolo giocatore: ci sono alcuni, come Poltronieri e Bristot, che reagiscono subito alle critiche, altri come Grazzi con cui devi ragionare più a mente fredda. A proposito di Simone, lui è stato sempre un po’ “ribelle”, ma ora dimostra di essere parecchio maturato e in allenamento cerca di trasmettere ai compagni più giovani l’esperienza che ha maturato. Lui è un altro di quei ragazzi con un grande potenziale. Se impara a gestirsi meglio da un punto di vista caratteriale, può ambire a ben altri livelli”.

Visto il legame che ha instaurato coi ragazzi, le dispiacerebbe lasciare?

Se la società dimostra di voler perseguire il motto “I ferraresi prima di tutto” allora bene. Se ci si comincia ad orientare verso altre scelte di mercato, per cui i nostri ragazzi non andranno più bene, e si commettono gli stessi errori che anni fa causarono l’indebitamento della società e la ripartenza dalla Serie D, allora posso anche smettere”.

Se non dovesse più allenare la 4 Torri, so che tra le sue passioni c’è la barca….

“Sì, amo molto andare in barca. Mi piace rilassarmi alla foce del Po, soprattutto quando non c’è nessuno. Dopodiché sono un contadino. Ho dei terreni lasciatimi in eredità da mio padre e possiedo una bella casa fuori città. Se smettessi con la 4 Torri potrei dedicarmici, altrimenti metterò a disposizione tutto me stesso”.

Con suo figlio Simone, palleggiatore della squadra, ci sono mai stati problemi?

“Se ti trovi a lavorare in un gruppo di persone intelligenti, come quest’anno, il problema di un presunto conflitto di interessi non emerge. Soltanto un anno mi trovai a gestire una situazione complicata con alcuni ragazzi che venivano da fuori, uno dei quali abitava vicino a me nella casa dei miei genitori. Ma era un gruppo, passami il termine, di teste bacate e infatti anche chi mi ha succeduto non li ha voluti più allenare”.

Un’ultima domanda: Ferrara, negli anni passati, ha vissuto i fasti dell’A1. Ritiene che il progetto intrapreso dal nuovo corso possa raggiungere quegli apici?

Ci vuole molto tempo e pazienza. Come ti ho detto, la base da cui partire è un solido vivaio. Bisogna poi avere tecnici preparati e riuscire a fare un buon reclutamento, che per la pallavolo maschile è sempre più complicato visto il calo demografico e la propensione dei bambini a scegliere altri sport. Sicuramente per arrivare a certi livelli ci vuole anche un supporto economico, altrimenti le società di livello più alto rischiano di sottrartegli subito. Bisognerebbe però adottare un’altra politica, avere 300-400.000 euro di sponsor. Cosa che, da quando sono alla 4 Torri, non ho mai visto. Resta il fatto che bisogna anche saper spendere i soldi, altrimenti si giunge al momento di crisi come l’abbiamo vissuta noi quando siamo andati in bancarotta e siamo retrocessi in D. Il punto di partenza, ribadisco, resta il vivaio. Cosicché, se lo sponsor decide di abbandonare, tu hai dei ragazzi pronti su cui poggiarti. È già successo quando siamo ripartiti dalla D e, puntando sulle nostre forze, abbiamo raggiunto pian piano la Serie B. Il tutto sacrificando anche dei giocatori come Alberto Baldazzi che ora gioca in Serie A (A3, con il Pordenone ndr). Potrebbe accadere lo stesso a giovani interessanti come Bristot e Ceban”.

Visto che li ha nominati, le chiedo: ritiene sarà difficile tenere Bristot e Ceban già dal prossimo anno?

Difficile dirlo ora. Bristot ha il papà in società (è il presidente ndr) e dunque si appoggerà a lui. Su Victor ritorniamo al discorso di prima: se in Nazionale decidono di tenerlo fino alla fine del collegiale, significa che hanno intravisto del potenziale in lui che, tra l’altro, ha già diverse richieste. In tal caso, forse, sarebbe anche ingiusto trattenerlo e non permettergli di spiccare il salto. Ma questi sono discorsi che andranno affrontati in futuro”.

Un futuro che la 4 Torri si auspica sia altrettanto radioso e che altrimenti non potrà essere, vista la sapienza delle persone che la guidano. Noi di Stadiosport ringraziamo coach Zambelli per il tempo che ci ha concesso e gli facciamo il miglior “in bocca al lupo” per la prossima stagione.

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