In extremis, il dimissionario Governo Conte evita quella che sarebbe stata una figuraccia di dimensioni epocali
Alla fine, gli atleti italiani potranno andare alle Olimpiadi di Tokyo, con il Tricolore e l’Inno di Mameli (sempre se si disputeranno, vista la situazione ancora critica riguardante la pandemia globale da COVID-19; una decisione in merito, dicono i rumors, sarebbe attesa entro fine marzo).
Il dimissionario Governo Conte bis (come da ultimi sviluppi del panorama politico) ha approvato poco fa un decreto legge che restituisce autonomia al CONI, venendo finalmente incontro alle pressanti richieste del CIO, che si apprestava a sospendere il Comitato Olimpico nostrano.
La deadline, infatti, era fissata al tardo pomeriggio di domani, mercoledì 27 gennaio, in concomitanza con la riunione esecutiva del Comitato Olimpico Internazionale a Losanna, Svizzera; senza quest’azione del Governo, sollecitata da mesi dal presidente Thomas Bach, la sanzione contro il nostro movimento sarebbe stata inevitabile, con conseguenze disastrose.
Oltre al non poter esibire la Bandiera Tricolore e al non poter sentire l’inno di Mameli in caso di vittoria, gareggiando quindi come atleti indipendenti, sotto l’egida del CIO (come accaduto soltanto a Mosca 1980), in Giappone non sarebbe potuta essere presente alcuna squadra nazionale, nessun giornalista accreditato e nessun presidente federale presente se non inserito in federazioni internazionali. In più, sarebbero stati a rischio anche gli oltre 900 milioni di euro per l’organizzazione delle Olimpiadi Invernali di Milano-Cortina 2026.
Scontro Governo-CIO: cronistoria di un pasticcio tutto ‘made in Italy’
L’assurdità della situazione, tutta frutto di dinamiche di politica interna, è che l’Italia si è trovata per oltre due anni (25 mesi per la precisione) al di fuori dell’articolo 27 della “Carta Olimpica”, con il Disegno di Legge Giorgetti frutto di preoccupati rilievi da parte del CIO sin dal novembre 2018. Ostilità di Bach e compagnia cantante che diventa esplicita dopo l’approvazione da parte del Senato, giunta il 6 agosto 2019 (il successivo 8 agosto l’approvazione anche della Camera dei Deputati).
Caduto il Governo Conte I il 20 agosto 2019, al sottosegretario Giorgetti subentra il Ministro Vincenzo Spadafora; dopo alcune iniziali aperture al Presidente del CONI, Malagò, ad ottobre dello stesso anno dalla Gazzetta Ufficiale si evince come, tra le funzioni attribuite a Spadafora, risulti anche l’indirizzo e la vigilanza sul CONI, una violazione palese della Carta Olimpica.
Dopo tre mancate risposte del Governo Conte II ad altrettante sollecitazioni del CIO (datate 6 dicembre 2019, 17 gennaio e 14 febbraio 2020), il seguente 3 marzo Spadafora dice pubblicamente che avrebbe ripristinato l’indipendenza del CONI, mentre da Losanna chiedono di ricevere in anticipo la bozza di riforma. Proposta di riforma dello sport da parte del Ministro che arriva in estate, ma che ad inizio agosto viene bloccata dal veto di alcuni membri della maggioranza, provocando l’ulteriore preoccupazione di Malagò.
Da allora, si susseguono mesi surreali. Vari membri di spicco del CIO, dal presidente Bach, passando dal Direttore Generale De Kepper al Direttore delle relazioni con i comitati olimpici Macleod, lamentano le mancate risposte a varie lettere e sollecitazioni da parte del Governo italiano. Il 30 novembre 2020 arriva a scadenza la legge delega sullo sport. E arriviamo alle ultime settimane, con un crescendo di tensione, irritazione e preoccupazione, con lo spettro della sospensione del CONI, sventato soltanto in ‘Zona Cesarini’.
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